Chiostri di Sant’Eustorgio un luogo di storia e di preghiera
Chiostri di Sant’Eustorgio un luogo di storia e di preghiera

Fondi oro Collezione Crespi

Vero e proprio unicum nel panorama dei musei milanesi, la collezione dei Fondi Oro è stata donata al Museo dal giurista milanese Alberto Crespi (1923-2022) ed è stata allestita dall’architetto Giovanni Quadrio Curzio.  Le tavole, importante esempio di intento collezionistico unitario, riflettono lo spirito colto del collezionismo lombardo, da sempre aperto non solo alla produzione artistica locale, ma in questo caso soprattutto ad  altre scuole.

Le quarantuno opere, eseguite tra Trecento e Quattrocento per lo più in ambito toscano e umbro, ma non solo, riflettono i momenti fondamentali dello sviluppo della pittura italiana, con riferimento specifico a soggetti sacri. Fra gli artisti principali i fiorentini Bernardo Daddi Nardo di Cione, Agnolo Gaddi, di formazione giottesca, Gherardo Starnina, figura emblematica del tardogotico a Firenze e i senesi Taddeo di Bartolo e Sano di Pietro, oltre ai veneti Paolo Veneziano e Lazzaro Bastiano.

 

Bernardo Daddi (attivo a Firenze dal 1320 ca. al 1348), Santa Cecilia, tempera su tavola, 71 x 33,5 cm, Inv. MD 2000.018.022 La tavola faceva sicuramente parte del un polittico eseguito da Bernardo Daddi intorno al terzo decennio del Trecento per la cappella dei Santi Bartolomeo e Lorenzo della chiesa fiorentina di Santa Maria del Carmine. Racchiusa in una cornice moderna, la Santa Cecilia è rivolta verso destra, con un mantello grigio azzurro dai risvolti gialli che risaltano sulla veste rosa, mentre nella mano destra tiene la lunga e affusolata palma del martirio. All’immagine della santa, ritagliata sul fondo oro da un nitido disegno di contorno, l’artista conferisce un aspetto di raffinata eleganza: il volto dall’espressione gentile è delicatamente modellato e cinto da una ghirlanda di fiori rigogliosi di colore rosso e bianco.
Nardo di Cione (documentato a Firenze tra il 1346-/48 e il 1365-/66), Crocifissione con la Vergine e San Giovanni dolenti, tempera su tavola, 67,4 x 40,5 cm, Inv. MD 2000.018.046 La tavola  con cornice moderna,  costituisce con ogni probabilità una piccola ancona autonoma destinata alla devozione privata ed è riferita  prima maturità di Nardo di Cione, artista attivo a Firenze nella seconda metà del Trecento. Si caratterizza per i volumi compatti e semplificati delle due figure dolenti, e per il naturalistico modellato del corpo di Cristo. Il teschio alla base della Croce è identificato con quello di Adamo, alludendo alla relazione diretta fra il peccato e la redenzione operata da Gesù. Nella raffinatezza del disegno e nell’eleganza del ritmo narrativi sono evidenti influssi di Bernardo Daddi.
Maestro della predella dell'Ashmolean Museum (Firenze, attivo dal 1360 al 1390 ca.), Cristo crocifisso tra le pie donne dolenti, San Giovanni Evangelista e altre figure; Andata al Calvario, Tempera su tavola, 36,5 x 18,3x1,2 cm, Inv. MD 2001.024.002 La tavola, databile alla fine del settimo decennio del Trecento faceva parte di un complesso ormai smembrato di cui non si conoscono però altri elementi. Le proporzioni massicce delle figure e l’evidenza scultorea resa attraverso il chiaroscuro del corpo del Crocifisso, cosi’ come il taglio compositivo rivelano l’influsso della pittura di Andrea Orcagna, nella cui bottega fiorentina si era formato l’anonimo maestro, per poi proseguire la sua attività a fianco di Jacopo di Cione.
Maestro della predella dell'Ashmolean Museum (Firenze, attivo dal 1360 al 1390 ca.), Madonna con il Bambino tra otto Santi e due angeli, Tempera su tavola, 48,5 x 41,1 x 1,8 cm, Inv. MD 2000.018.042 La tavoletta, databile intorno al 1375-1380, è stata molto probabilmente decurtata nella parte superiore, che doveva terminare, secondo una tipologia molto diffusa, in forma centinata, comprendendo anche la tradizionale rappresentazione della Crocifissione. L’opera rappresenta la Madonna in trono col Bambino con un uccellino nella mano sinistra, e ai piedi due angeli offerenti, circondati da otto Santi: l’artista, pur rifacendosi a modelli di Jacopo di Cione, rivela una maggiore vivacità espressiva  grazie ai giochi di sguardi incrociati fra i personaggi, come già in altre opere a lui attribuite.
Maestro della Madonna Lazzaroni (Firenze, attivo dal 1370 al 1400 ca), Angelo annunziante e tre santi, tempera su tavola, 49 x 11x1 cm, Inv. MD 2000.018.024 e Vergine annunciata e Crocifissione, tempera su tavola, 49 x 11x1 cm, Inv. MD2000.018.025 Si tratta dei due sportelli laterali di un tabernacolo portatile riferiti alla mano del Maestro della Madonna Lazzaroni, artista che prende il nome da una tavola conservata nella raccolta Lazzaroni di Parigi. Databili intorno al 1375-1380, le tavole presentano infatti gli elementi stilistici propri di questo pittore: una minore adesione alle rigide composizioni e tipologie di Orcagna, a quel tempo in voga a Firenze, in favore di un linguaggio più sciolto e accattivante, con una resa chiaroscurale morbida e una predilezione per l’esuberanza decorativa della superficie dipinta.
Nanni di Jacopo (Pistoia, documentato nel 1401 e nel 1404) e Giovanni di Bartolomeo Cristiani (attivo a Pistoia dal 1345 al 1400 ca), Madonna con il Bambino in trono, Tempera su tavola, 173,2 x 58,3x3 cm, Inv. MD 2000.018.040 Si tratta della tavola centrale di un trittico, giunto a noi senza la cornice originale, riferito alla collaborazione fra Cristiani e Nanni di Jacopo, cui si deve l’esecuzione prevalente. L’intervento del primo, a cui spetterebbe l’impostazione generale e il disegno dell’opera, è riscontrabile nele figure di San Giovanni Battista e San Paolo, che presentano l’eleganza pacata e malinconica proprie dell’artista, mentre la mano di Nanni di Jacopo si distingue per un disegno molto più marcato e per la caratterizzazione plastica dei suoi personaggi, di impostazione neogiottesca. Il trittico è databile intorno alla metà dell’ultimo decennio del Trecento.
Nanni di Jacopo (Pistoia, documentato nel 1401 e nel 1404) e Giovanni di Bartolomeo Cristiani (attivo a Pistoia dal 1345 al 1400 ca), Santi Leonardo e Michele arcangelo, Tempera su tavola, 164,5 x 64,5 x 3,2 cm, Inv. MD 2000.018.039 Si tratta della tavola centrale di un trittico, giunto a noi senza la cornice originale,  riferito alla collaborazione fra Cristiani e Nanni di Jacopo, cui si deve l’esecuzione prevalente. L’intervento del primo, a cui spetterebbe l’impostazione generale e il disegno dell’opera, è riscontrabile nelle figure di San Giovanni Battista e San Paolo, che presentano l’eleganza pacata e malinconica proprie dell’artista, mentre lamano di Nanni di Jacopo si distingue per un disegno molto più marcato e per la caratterizzazione plastica dei suoi personaggi, di impostazione neogiottesca. Il trittico è databile intorno alla metà dell’ultimo decennio del Trecento.
Nanni di Jacopo (Pistoia, documentato nel 1401 e nel 1404), Giovanni di Bartolomeo Cristiani (attivo a Pistoia dal 1345 al 1400 ca), Santi Giovanni Battista e Paolo, Tempera su tavola, 164 x 64,2x 3 cm, Inv. MD 2000.018.041 Si tratta della tavola centrale di un trittico, giunto a noi senza la cornice originale, riferito alla collaborazione fra Cristiani e Nanni di Jacopo, cui si deve l’esecuzione prevalente. L’intervento del primo, a cui spetterebbe l’impostazione generale e il disegno dell’opera, è riscontrabile nelle figure di San Giovanni Battista e San Paolo, che presentano l’eleganza pacata e malinconica proprie dell’artista, mentre lamano di Nanni di Jacopo si distingue per un disegno molto più marcato e per la caratterizzazione plastica dei suoi personaggi, di impostazione neogiottesca. Il trittico è databile intorno alla metà dell’ultimo decennio del Trecento.
Antonio di Francesco detto Antonio Veneziano (Toscana, notizie dal 1369 al 1388), Santo apostolo, Tempera su tavola, 43,6 x 29,3x2,1 cm, Inv. MD 2000.018.033 La tavola costituisce lo scomparto laterale di un polittico smembrato e raffigura un santo apostolo dai lunghi capelli grigi, con una sottile croce in pugno, attributo che suggerisce una possibile identificazione con sant’Andrea, oppure con san Filippo. La figura compatta e severa del santo e, in generale, il marcato neogiottismo anche delle altre figure del politico induce a datare l’opera intorno alla metà del nono decennio del Trecento.
Cenni di Francesco (Firenze, documentato dal 1369 al 1415), Santo vescovo; cherubino (nella cuspide), Tempera su tavola, 110,5 x 34x2,8 cm, Inv. MD 2000.018.021 L’opera è uno dei santi laterali del polittico della chiesa di San Cristoforo in Perticaia a Rignano sull’Arno, presso Firenze, datato al 1370 e tuttora in loco, prima commissione importante per il giovane artista fiorentino. Il santo vescovo, non identificabile, presenta la fisionomia arguta e corrucciata, tipica dell’artista; degna nota la raffinatezza dell’esecuzione, sia nelle decorazioni sulla veste del santo ma anche nel decoro filigranato che impreziosisce la legatura di colore blu intenso del libro che il vescovo tiene nella sinistra.
Agnolo Gaddi (Firenze 1345 ca – 1396), Madonna con il Bambino tra i santi Giuliano e Caterina d'Alessandria, Tempera su tavola, 84,6 x 57,6x 3 cm, Inv. MD 2000.018.019 La tavola, databile intorno 1385-1390, presenta al centro la Madonna su un trono ricoperto da un drappo rosso riccamente decorato: lo schema compositivo con la Vergine che solletica sotto il mento Gesù Bambino che le afferra il velo, è largamente impiegato nella bottega dell’artista; i due santi, a sinistra Giuliano con in mano la spada, e a destra Caterina d’Alessandria con un libro e la palma del martirio, presentano le tipologie umane con le espressioni dei volti raddolcite caratteristiche del pittore.
Miniatore toscano ( fine del XIV sec,), Iniziale G, Tempera su pergamena, 520x372 mm, Inv. MD 2000.018.032 Il foglio proviene da un graduale; l’iniziale miniata G è inserita in un riquadro riempito a foglia d’oro e raffigura Tutti i Santi: illustra infatti un versetto relativo a un canto della messa della festa di Ognissanti del primo Novembre. La scena miniata presenta un gruppo di personaggi, frontali e scalati in profondità, fra i quali si riconosce San Pietro, con le chiavi in mano, affiancato da San Benedetto, con la tunica nera e la barba più lunga.
Maestro della Dormitio di Terni (Umbria meridionale, attivo tra ultimo quarto del sec. XIV e gli inizi del XV), San Pietro; Vergine annunziata (nella cuspide), Tempera su tavola, 115 x 49 cm, Inv. MD 2000.018.047 La tavola costituisce lo scomparto laterale di un polittico databile negli anni Novanta del Trecento di cui sono stati rintracciati altri due elementi, una Madonna col Bambino del Fogg Art Museum di Cambridge e un San Paolo in collezione privata di New York. Pur attento alla descrizione naturalistica, come evidente nelle resa delle pieghe del collo o delle mani, l’artista, che si inserisce nel filone “neo-giottesco” che caratterizza la cultura umbra del tardo Trecento, si concentra soprattutto nella solida resa volumetrica del santo.
Lorenzo di Niccolò (Firenze, documentato dal 1391 al 1412), Angelo annunziante, Tempera su tavola, 41,2 x 26,3x2 cm, Inv. MD 2000.018.005 Come evidente dalla forma del supporto, si tratta di un frammento della parte superiore dello sportello sinistro di un trittico portatile, ora disperso. L’angelo, saldamente ancorato al suolo e con l’espressione assorta, presenta una figura dall’ampia sagoma ed è caratterizzato da un chiaroscuro che sottolinea plasticamente le membra, tratti stilistici che fanno rientrare l’artista nel filone neo giottesco diffuso a Firenze nell’ultimo decennio del Trecento, momento in cui è infatti possibile datare anche questa tavola.
Maestro del trittico Richardson (Siena, attivo fra ultimo quarto sec. XIV e l’inizio del XV), Madonna con il Bambino in trono e sei santi; Cristo crocifisso tra la Madonna e San Giovanni Evangelista dolenti (cuspide), Tempera su tavola, 54,8x26,1x1,6 cm, Inv. MD 2000.018.004 La tavola costituiva lo scomparto centrale di un trittico richiudibile destinato alla devozione privata: presenta infatti un’antica cerniera sul lato destro ed una decorazione a finto marmo sul retro. La Madonna siede su un trono ricoperto da un drappo rosso finemente decorato, circondata da santi, mentre nella cuspide è rappresentata la Crocifissione con la Madonna e San Giovanni seduti ai piedi della croce. Per la ricchezza decorativa della superficie pittorica, per la grande attenzione alle stoffe decorate e alle punzonature delle aureole e ai particolari, l’opera si inserisce perfettamente nel filone della pittura senese del tardo Trecento, che tende a compensare la ripetitività delle formule compositive con l’uso di dettagli preziosi.
Gherardo di Jacopo Neri detto Starnina (Firenze, documentato dal 1387 -morto nel 1413), Madonna con il Bambino e angeli, Tempera su tavola, 117,2x62,9x8,5  cm, Inv. MD 2000.018.020 Destinata ad ornare il pilastro di una chiesa o l’altare di una piccola cappella gentilizia, la tavola rappresenta la Madonna dell’Umiltà, con la Vergine seduta a terra, su un prezioso cuscino, mentre viene incoronata da due angeli in volo. Questa rara variante iconografica nota come Regina humilitas ebbe una limitata diffusione e trova in Simone Martini il più illustre precedente. L’opera, databile intorno alla metà del primo decennio del XV secolo, si caratterizza per la grande ricchezza del repertorio decorativo, per il cromatismo brillante, l’eleganza della linea e il tono intimo e colloquiale dato dal tenero gesto del Bambino, che afferra il velo della madre e si succhia il dito.
Bicci di Lorenzo (Firenze, 1373 - Arezzo, 1452), San Giovanni Battista, Tempera su tavola, cm 33,8x14,4x2 cm, Inv. MD 2000.018.034 La tavoletta è da riferire al pittore fiorentino Bicci di Lorenzo, artista legato a formule tradizionali e conservatrici,  solo parzialmente aperto agli stimoli dalle maggiori personalità fiorentine dell’epoca. Insieme  al San Paolo, sempre al Museo Diocesano, l’opera era probabilmente inserita nei pilastrini laterali di complesso d’altare. I due santi presentano aureole con proporzioni e sagomature diverse, ma dal motivo stilistico affine e sono  databili intorno alla fine del secondo decennio del Quattrocento, quando ormai le figure allungate e dal profilo tagliente caratteristiche del pittore assumono forme più distese e solenni.
Bicci di Lorenzo (Firenze, 1373 - Arezzo, 1452), San Paolo Apostolo, Tempera su tavola, 34x14,3x2,7 cm, Inv. MD 2000.018.035 La tavoletta è da riferire al pittore fiorentino Bicci di Lorenzo, artista legato a formule tradizionali e conservatrici,  solo parzialmente aperto agli stimoli dalle maggiori personalità fiorentine dell’epoca. Insieme al San Giovanni Battista, sempre al Museo Diocesano, era probabilmente inserita nei pilastrini laterali di complesso d’altare. I due santi presentano aureole con proporzioni e sagomature diverse, ma dal motivo stilistico affine e sono  databili intorno alla fine del secondo decennio del Quattrocento, quando ormai le figure allungate e dal profilo tagliente caratteristiche del pittore assumono forme più distese e solenni.
Miniatore lucchese (primo decennio del XV secolo), Iniziale S con San Paolo, Tempera su pergamena, 206x185 mm, Inv. MD 2000.018.008 Si tratta di un’iniziale S, istoriata e ritagliata con parte della decorazione del margine sinistro del foglio: il fatto che sia stata ritagliata impedisce l’identificazione del codice di provenienza; altre iniziali iniziali simili, omogenee nella tipologia e nella decorazione. fanno pensare allo stesso manoscritto miniato in area lucchese. La figura di San Paolo, qui rappresentata con in mano la spada ed un libro, è caratterizzata dalla durezza del segno e dalla definizione plastica del modellato.
Miniatore lucchese (primo decennio del XV secolo), Iniziale D con San Tommaso D'Aquino, Tempera su pergamena, 218x211 mm, Inv. MD 2000.018.009 L’iniziale D è istoriata ed è stata ritagliata con parte della decorazione marginale; il fatto che sia stata ritagliata impedisce l’identificazione del codice di provenienza; altre iniziali iniziali simili, omogenee nella tipologia e nella decorazione fanno pensare ad uno stesso manoscritto miniato in area lucchese, forse di committenza domenicana come farebbe supporre la  presenza di San Tommaso d’Aquino.. Rispetto ad altre iniziali miniate dello stesso gruppo, san Tommaso ,con il mantello scuro trattenuto dalla mano destra e il libro aperto nella sinistra, si distingue per un maggior naturalismo. Di grande eleganza sono le decorazioni  a girali d’acanto con piccoli putti.
Battista di Gerio (Pisa, documentato fra il 1411 e il 1418), San Girolamo, Tempera su tavola , 25 x 20 cm, Inv. MD 2001.024.001 Riferita all’artista pisano Battista di Gerio, attivo nel contesto tardogotico lucchese, la tavola con San Girolamo forse, assieme ad un dipinto analogo con Sant’Agostino di collezione privata romana, sembra essere una delle quattro cimase del trittico oggi nella chiesa dei Santi Stefano e Battista di Pieve di Camaiore (LU), ma proveniente da santa Reparata a Lucca, datato 1418. Il santo in posa frontale ma per nulla statico, grazie al contorno ondulato del manto e alla gestualità delle mani è abbigliato con una veste color rosso intenso che si staglia sull’oro dello sfondo e presenta una fisionomia fra il burbero e l’affabile, con la bocca imbronciata e lo sguardo vivace.
Andrea di Bartolo, attribuito a (Siena, documentato dal 1389 al 1429), Angelo annunziante, Tempera su tavola, 26,6 x 19,7x2 cm, Inv. MD 2000.018.006 La tavola raffigurante l'Angelo annunciante apparteneva, insieme alla tavola con la Vergine annunciata, all’ordine superiore di un polittico. Le opere, tagliate su ogni lato e databili negli ultimi anni del XIV secolo, rivelano una profonda adesione alla cultura del tardo Trecento senese, influenzata soprattutto dalla pittura di Simone Martini; la grazia affettata della Vergine e alcuni tratti stilistici e tipologici sono invece elementi ricorrenti nella produzione di Andrea di Bartolo a cui sono riferite dalla critica.
Andrea di Bartolo, attribuito a (Siena, documentato dal 1389 al 1429), Vergine Annunziata, Tempera su tavola, 26x20x2,2 cm, Inv. MD 2000.018.007 La tavola raffigurante la Vergine annunciata apparteneva, insieme alla tavola con l'Angelo annunciante, all’ordine superiore di un polittico. Le opere, tagliate su ogni lato e databili negli ultimi anni del XIV secolo, rivelano una profonda adesione alla cultura del tardo Trecento senese, influenzata soprattutto dalla pittura di Simone Martini; la grazia affettata della Vergine e alcuni tratti stilistici e tipologici sono invece elementi ricorrenti nella produzione di Andrea di Bartolo a cui sono riferite dalla critica.
Taddeo di Bartolo (Siena, documentato dal 1386 al1422), Madonna dell'Umiltà tra i santi Giovanni Battista, Pietro, Paolo e Antonio abate, la Trinità, Tempera su tavola, 92, 52,5x7 cm, Inv. MD 2000.018.038 Il dipinto, in discreto stato di conservazione, coniuga in maniera insolita l’iconografia della Madonna dell’Umiltà, con la Madonna seduta a terra, su un drappo finemente decorato, con il mistero della Santissima Trinità. La composizione apparentemente solenne con i santi in atteggiamento severo disposti intorno al gruppo divino, è stemperata dalla naturalistica vivacità del Bambino e dalle caratterizzazioni fisionomiche di alcuni dei santi, in particolare del Sant'Antonio abate, dalla stesura pittorica sciolta e dalla vivacità cromatica. L’opera è databile fra la fine del Trecento e l’inizio del secolo successivo.
Pittore senese (primo decennio del XV secolo), San Giacomo Maggiore, Tempera su tavola, 21,6 x 24,2x3,1, Inv. MD 2000.018.023 La piccola tavola, in origine forse appartenente all’ordine superiore di un altarolo portatile, rappresenta il Santo seduto su uno scranno con il capo circondato un’aureola riccamente punzonata, come i profili superiori della tavola. Il dipinto rivela la sua origine senese sia nei tratti fisionomici del santo dal volto imbronciato e circondato da una folta barba riccia che nei panneggi fluenti e mossi di gusto tardogotico dell’abito. L’opera si distingue infine per la notevole raffinatezza nel disegno.
Sano di Pietro (Siena, 1405- 1481), Cristo in Pietà tra la Vergine Maria, San Giovanni evangelista e i Santi Maria Maddalena, Agostino (a sinistra), Dorotea e Giovanni Battista (a destra), tempera su tavola, 35,8x153,4 cm, Inv. MD 2000.018.018 I sei pannelli, montati in una cornice moderna in stile, costituivano originariamente la predella di una tavola d’altare e conservano ancora le incorniciature in gesso originali, con terminazioni ogivali e colonnine tortili, in cui sono inserite le figure dei santi. Fa eccezione San Giovanni Battista, all’estremità destra, di fattura moderna, aggiunto dal restauratore per rispettare l’ordine simmetrico dei santi. Le figure, caratterizzate da forme tondeggianti e tratti gentili, si stagliano con nitidezza sul fondo dorato dal quale sembra provenire la luce; i colori sono delicati, con raffinate finiture a punta di pennello per capelli e barbe. L’opera è databile intorno alla metà del Quattrocento e si ispira a modelli del secolo precedente, scelta insolita per il pittore senese.
Sano di Pietro (Siena, 1405- 1481), Santi Luca, Bartolomeo e Teofilo, Tempera su tavola, 66,3x55 cm, Inv. MD 2000.018.031 I tre dipinti, racchiusi in una cornice moderna in stile neogotico, costituivano probabilmente in origine i pilastrini laterali di una tavola d’altare. I personaggi benché di ridotte dimensioni hanno una presenza monumentale e posano con saldezza sul terreno; le forme sono attentamente definite dalla linea di contorno e dal ricadere dei panneggi del manti che avvolgono i santi, quasi bloccati nelle medesime pose. La vivacità delle immagini è data dall’uso di colori puri, in particolare del ripetersi del rosso accostato ad altri colori, e dalla raffinatezza dei particolari resi in punta di pennello, quali fisionomie, barbe e cappelli. L’opera è databile intorno al 1460, ovvero nel momento della maturità dell’artista.
Paolo Veneziano, ambito di (Venezia, documentato dal 1333 - morto fra il 1358 e il 1362), Madonna con il Bambino, Annunciazione; dieci figure di Santi e quattro storie di San Nicola, Tempera su tavola, 63,5x50 cm, Inv. MD 2000.018.043 Questa anconetta, ancora con la cornice originale, era destinata a decorare un piccolo altare e si pone fra i rari esempi occidentali di un tipo di icona molto diffusa nel’ Oriente bizantino, con la Vergine al centro circondata da santi e profeti. Le figure, dalla sagoma slanciata, sono avvolte in panneggi rigidi e solcati da linee dritte con effetto di notevole monumentalità. Questa solennità, così come l’animazione psicologica e la gestualità delle figure insieme alla regia narrativa delle piccole scene, non distanti dalla Pala Feriale del Museo di San Marco a Venezia (1345), sono elementi che riconducono quest’opera all’ambito di Paolo Veneziano e alla questione della collaborazione fra Paolo e i figli Luca e Giovanni.
Pittore veneziano (1350- 60 ; Lorenzo Veneziano?), Cristo crocifisso fra la Vergine e san Giovanni Evangelista; ai lati i Santi Giovanni Battista, Antonio abate, Matteo e Nicola di Bari, Tempera e oro su tavola, 53,9 x 48x2,5 cm, Inv. MD 2000.018.001 Destinato alla devozione personale, questo trittico è stato concepito fin dall'inizio come struttura rigida e non a sportelli richiudibili, secondo una tipologia diffusa in Veneto nel Trecento. A lungo riferito al padovano Guariento, è stato recentemente ricondotto dalla critica all’ambito lagunare e in particolare agli esordi di Lorenzo Veneziano o comunque al suo entourage, grazie ad alcuni dettagli quali le aureole bordate di rosso, il lembo svolazzante del mantello di Giovanni Battista, il tipo di basamento della croce.
Francescuccio di Cecco Ghissi (?) ( Fabriano, attivo fra il 1345 e il 1375 circa), Flagellazione, Tempera su tavola, 19,1x 24,6x1,8 cm, Inv. MD 2000.018.027 La tavoletta è parte di una serie di quattro tavole databili entro il terzo decennio del Trecento, facenti probabilmente parte di un complesso dedicato alle Storie di Cristo, forse un dossale, proveniente da un convento francescano, come indicato dalla presenza di un monaca clarissa inginocchiata nella scena rappresentata proprio in questa tavola. Il racconto si sviluppa in maniera piana: i personaggi occupano interamente lo spazio, con movimenti lenti e quasi esitanti. Gli elementi architettonici o paesaggistici sono appena accennati, le figure, morbide ad arrotondate, sono delineate da un contorno scuro che ne sottolinea i tratti fisionomici, la stesura pittorica è ricca e luminosa. Tutti gli elementi stilistici riconducono alla pittura marchigiana, e in particolare farebbero pensare all’ambito di Francescuccio di Cecco Ghissi.
Francescuccio di Cecco Ghissi (?) ( Fabriano, attivo fra il 1345 e il 1375 circa), Cristo crocifisso, Tempera su tavola,19,5 x 24,9x2 cm, Inv. MD 2000.018.030 La tavoletta è parte di una serie di quattro tavole databili entro il terzo decennio del Trecento, facenti probabilmente parte di un complesso dedicato alle Storie di Cristo, forse un dossale, proveniente da un convento francescano, come indicato dalla presenza di un monaca clarissa inginocchiata nella scena della Flagellazione. Il racconto si sviluppa in maniera piana: i personaggi occupano interamente lo spazio, con movimenti lenti e quasi esitanti. Gli elementi architettonici o paesaggistici sono appena accennati, le figure, morbide ad arrotondate, sono delineate da un contorno scuro che ne sottolinea i tratti fisionomici, la stesura pittorica è ricca e luminosa. Tutti gli elementi stilistici riconducono alla pittura marchigiana, e in particolare farebbero pensare all’ambito di Francescuccio di Cecco Ghissi.
Francescuccio di Cecco Ghissi (?) ( Fabriano, attivo fra il 1345 e il 1375 circa), Deposizione nel sepolcro, Tempera su tavola,19,5 x 24,9x2 cm, Inv. MD 2000.018.028 La tavoletta è parte di una serie di quattro tavole databili entro il terzo decennio del Trecento, facenti probabilmente parte di un complesso dedicato alle Storie di Cristo, forse un dossale, proveniente da un convento francescano, come indicato dalla presenza di un monaca clarissa inginocchiata nella scena della Flagellazione. Il racconto si sviluppa in maniera piana: i personaggi occupano interamente lo spazio, con movimenti lenti e quasi esitanti. Gli elementi architettonici o paesaggistici sono appena accennati, le figure, morbide ad arrotondate, sono delineate da un contorno scuro che ne sottolinea i tratti fisionomici, la stesura pittorica è ricca e luminosa. Tutti gli elementi stilistici riconducono alla pittura marchigiana, e in particolare farebbero pensare all’ambito di Francescuccio di Cecco Ghissi.
Francescuccio di Cecco Ghissi (?) ( Fabriano, attivo fra il 1345 e il 1375 circa), Giudizio finale, Tempera su tavola, cm 19,1 x 22,6x1,3 cm, Inv. MD 2000.018.029 La tavoletta è parte di una serie di quattro tavole databili entro il terzo decennio del Trecento, facenti probabilmente parte di un complesso dedicato alle Storie di Cristo, forse un dossale, proveniente da un convento francescano, come indicato dalla presenza di un monaca clarissa inginocchiata nella scena della Flagellazione. Il racconto si sviluppa in maniera piana: i personaggi occupano interamente lo spazio, con movimenti lenti e quasi esitanti. Gli elementi architettonici o paesaggistici sono appena accennati, le figure, morbide ad arrotondate, sono delineate da un contorno scuro che ne sottolinea i tratti fisionomici, la stesura pittorica è ricca e luminosa. Tutti gli elementi stilistici riconducono alla pittura marchigiana, e in particolare farebbero pensare all’ambito di Francescuccio di Cecco Ghissi.
Maestro della Dormitio Virginis di Murano (Veneto, terzo quarto del sec. XIV), San Marco, Tempera su tavola, 92,5x 27x1,9 cm, Inv. MD 2000.018.037 Il dipinto, databile fra sesto e settimo decennio del Trecento, costituisce lo scomparto destro di un polittico di cui non sono rimasti altri elementi. San Marco è identificabile sia dall’iscrizione che dai tratti fisionomici con capelli e barba scuri e ricci; i lineamenti marcati e in particolare la tipologia del naso sono di matrice bizantineggiante. L’opera è stata avvicinata dalla critica alla Dormitio Virginis di Murano.
Maestro di Roncaiette (attivo in Veneto, fine del XIV sec. - quarto decennio del XV sec.), Santa Giustina, Tempera su tavola, 88,1x29,8x2,5 cm, Inv. MD 2000.018.011 Santa Giustina, vestita con un mantello bruno foderato di pelliccia e un abito scuro decorato dal bordo rosso, fa parte di una serie di quattro santi, che appartenevano a uno o due polittici smembrati e presentano un’intensa caratterizzazione e un’attenzione naturalistica che derivano da un aggiornamento sul gusto cortese e profano del gotico internazionale da parte del Maestro di Roncaiette; questi elementi hanno permesso alla critica di datare le opere al quarto decennio del XV secolo, nel momento più alto della produzione dell’artista.
Maestro di Roncaiette (attivo in Veneto, fine del XIV sec. - quarto decennio del XV sec.), San Girolamo, Tempera su tavola, 89,1x28,4x1,9 cm, Inv. MD 2000.018.010 San Girolamo, raffigurato frontalmente con un modellino di una chiesa in una mano e un libro nell’altra, fa parte di una serie di quattro santi  che appartenevano a uno o due polittici smembrati. Le figure presentano un’intensa caratterizzazione e un’attenzione naturalistica che derivano da un aggiornamento sul gusto cortese e profano del gotico internazionale da parte del Maestro di Roncaiette; questi elementi hanno permesso alla critica di datare le opere al quarto decennio del XV secolo, nel momento più alto della produzione dell’artista.
Maestro di Roncaiette (attivo in Veneto, fine del XIV sec. - quarto decennio del XV sec.), San Paolo, Tempera su tavola, 88,1x29,8x2,5 cm, Inv. MD 2000.018.012 San Paolo, voltato a sinistra mentre gira il capo dal lato opposto, con veste gialla e manto rosso, fa parte di una serie di quattro santi, che appartenevano a  uno o due polittici smembrati. Le figure presentano un’intensa caratterizzazione e un’attenzione naturalistica che derivano da un aggiornamento sul gusto cortese e profano del gotico internazionale da parte del Maestro di Roncaiette; questi elementi hanno permesso alla critica di datare le opere al quarto decennio del XV secolo, nel momento più alto della produzione dell’artista.
Maestro di Roncaiette (attivo in Veneto, fine del XIV sec. - quarto decennio del XV sec.), San Bartolomeo, Tempera su tavola, 86,5x29,2x1 cm, Inv. MD 2000.018.013 San Bartolomeo, quasi di profilo, con veste dorata e un manto bianco decorato con motivi floreali dorati, fa parte di una serie di quattro santi che appartenevano a uno o due polittici smembrati: Le figure presentano un’intensa caratterizzazione e un’attenzione naturalistica che rivelano un aggiornamento sul gusto cortese e profano del gotico internazionale da parte del Maestro di Roncaiette; questi elementi hanno permesso alla critica di datare le opere al quarto decennio del XV secolo, nel momento più alto della produzione dell’artista.
Pittore lombardo (primi due decenni del XV sec.), Sant'Antonio Abate, Tempera su tavola, 75,7 x 23x2,2 cm, Inv. MD 2000.018.014 La tavola raffigurante sant’Antonio Abate, con il libro, il bastone a “tau” e la campanella, suoi caratteristici attributi iconografici, fa parte di una serie di quattro pannelli che costituivano gli scomparti laterali del medesimo polittico smembrato, al cui centro si presume ci fosse una perduta Vergine col Bambino. La presenza di Sant’Ambrogio non esclude che l’opera provenisse da una chiesa della diocesi milanese. La caratterizzazione dei personaggi, l’eleganza della linea, l’attenzione per l’abbigliamento e l’allungamento delle figure rimandano al raffinato ambiente artistico lombardo del primo Quattrocento; tipicamente lombarda è anche la punzonatura sul fondo oro delle tavole, con un motivo a losanghe che inquadra corolle di fiori stilizzati.
Pittore lombardo (primi due decenni del XV sec.), San Giovanni Battista e un devoto, Tempera su tavola, 76 x 23,7X2,2 cm, Inv. MD 2000.018.015 San Giovanni Battista, coperto da un mantello che lascia intravedere la consueta veste di pelo, presenta inginocchiato ai suoi piedi il committente, di dimensioni ridotte, lussuosamente abbigliato secondo la moda del tempo. La tavola fa parte di una serie di quattro che costituivano gli scomparti laterali del medesimo polittico smembrato, al cui centro si presume ci fosse una perduta Vergine col Bambino. La presenza di Sant’Ambrogio non esclude che l’opera provenisse da una chiesa della diocesi milanese. La caratterizzazione dei personaggi, l’eleganza della linea, l’attenzione per l’abbigliamento e l’allungamento delle figure rimandano al raffinato ambiente artistico lombardo del primo Quattrocento; tipicamente lombarda è anche la punzonatura sul fondo oro delle tavole, con un motivo a losanghe che inquadra corolle di fiori stilizzati.
Pittore lombardo (primi due decenni del XV sec.), Sant'Ambrogio, Tempera su tavola, 76 x 24x2,2 cm, Inv. MD 2000.018.016 Sant’Ambrogio, in ricche vesti vescovili e con il flagello a tre code, fa parte di una serie di quattro pannelli che costituivano gli scomparti laterali del medesimo polittico smembrato, al cui centro si presume ci fosse una perduta Vergine col Bambino. La presenza dello stesso Ambrogio non esclude che l’opera provenisse da una chiesa della diocesi milanese. La caratterizzazione dei personaggi, l’eleganza della linea, l’attenzione per l’abbigliamento e l’allungamento delle figure rimandano al raffinato ambiente artistico lombardo del primo Quattrocento; tipicamente lombarda è anche la punzonatura sul fondo oro delle tavole, con un motivo a losanghe che inquadra corolle di fiori stilizzati.
Pittore lombardo (primi due decenni del XV sec.), San Francesco, Tempera su tavola, 76 x 23 x 2,6 cm, Inv. MD 2000.018.017 Il giovane san Francesco, con libro, una croce e le stigmate ben visibili, fa parte di una serie di quattro pannelli che costituivano gli scomparti laterali del medesimo polittico smembrato, al cui centro si presume ci fosse una perduta Vergine col Bambino. La presenza di Sant’Ambrogio non esclude che l’opera provenisse da una chiesa della diocesi milanese. La caratterizzazione dei personaggi, l’eleganza della linea, l’attenzione per l’abbigliamento e l’allungamento delle figure rimandano al raffinato ambiente artistico lombardo del primo Quattrocento; tipicamente lombarda è anche la punzonatura sul fondo oro delle tavole, con un motivo a losanghe che inquadra corolle di fiori stilizzati.
Michele di Matteo (documentato dal 1410 al 1469), Le esequie di Santa Cecilia, Tempera su tavola, 42,9 x 36x1,1 cm, Inv. MD 2000.018.036 La tavola, opera di Michele di Matteo, artista bolognese attivo nell’arco dei primi tre quarti del Quattrocento, costituiva probabilmente un elemento laterale di un paliotto dedicato a Santa Cecilia. Databile alla fine degli anni Trenta del Quattrocento, rappresenta le esequie della santa, identificabile per la corona di fiori e il taglio sul collo che ricorda il suo martirio, alla presenza di Urbano I, assistito da un frate agostiniano e da due francescani. Del repertorio formale bolognese sono tipiche le figure coi nasi appuntiti e piccole bocche: la rappresentazione di profilo permette all’artista di sbizzarrirsi nelle varietà fisionomiche e utilizza giochi di luce per movimentare le vesti.
Lazzaro Bastiani (Venezia, 1430 ca. - 1512), Santa Caterina d'Alessandria, Tempera su tavola, 32,1 x 28,7x1 cm, Inv. MD 2000.018.045 Insieme al San Girolamo, la tavoletta faceva parte, con ogni probabilità, di un paliotto con tavole distribuite forse su due ordini. Santa Caterina è qui raffigurata con un abito di broccato rosso ed oro ed un ampio mantello, con la ruota e la palma del martirio, in una loggia con sottili pilastrini, dietro la quale si apre un paesaggio collinare su sfondo dorato La condotta pittorica è molto precisa e caratterizzata da una vibrante freschezza; l’arcaicizzante fondo oro ben si armonizza con notazioni naturalistiche di sapore belliniano nella descrizione del paesaggio. Secondo la critica recente le due tavolette sono databili alla seconda metà del settimo decennio del Quattrocento.
Lazzaro Bastiani (Venezia, 1430 ca. - 1512), San Girolamo con una monaca donatrice, Tempera su tavola, 32,2 x 29,1x1,7 cm, Inv. MD 2000.018.044 Insieme alla Santa Caterina d’Alessandria, la tavoletta faceva parte, con ogni probabilità, di un paliotto con tavole distribuite forse su due ordini: san Girolamo, raffigurato in veste cardinalizia, con il leone accucciato ed in mano il modello di una chiesa, occupava la parte superiore, forse la cimasa. La presenza di una monaca inginocchiata, in abito domenicano farebbe supporre una collocazione originaria presso il Corpus Domini di Venezia, unico monastero femminile dell’ordine nella città lagunare per cui Lazzaro Bastiani lavorerà anche in seguito. Il vibrante naturalismo delle pennellate è evidente in particolare nello straordinario ritratto delle monaca orante.; l’arcaicizzante fondo oro ben si armonizza con notazioni naturalistiche di sapore belliniano nella descrizione del paesaggio. Entrambe le tavolette sono databili alla seconda metà del settimo decennio del Quattrocento.
Maestro della Madonna Lazzaroni (Firenze, attivo dal 1370 al 1400 ca), Incoronazione della Vergine fra otto santi e sei Angeli, tempera su tavola, 70x43,2x2,4 cm, Inv. MD 2000.018.026 Il dipinto, riferibile all’ultima fase dell’attività del Maestro della Madonna Lazzaroni, artista che prende il nome da una tavola conservata nella raccolta Lazzaroni di Parigi, è databile fra il 1375 e il 1385, in un momento in cui il maestro si allontana dai più rigidi schemi dell’Orcagna, in favore di figure più dolci, modellate in toni luminosi. Lo schema compositivo, tipico della pittura fiorentina del tardo Trecento, rappresenta l’Incoronazione della Vergine come un evento celestiale, che si svolge al di sopra dei personaggi, santi ed angeli, che assistono alla scena. La ricchezza decorativa e l’eleganza della linea sono ancora di gusto gotico.