Chiostri di Sant’Eustorgio un luogo di storia e di preghiera
Chiostri di Sant’Eustorgio un luogo di storia e di preghiera

Collezione Schubert

Nel 2014 la collezione permanente del Museo si arricchisce grazie al Lascito Schubert: un piccolo gruppo di opere, lasciate in eredità dalla famiglia Schubert, per molti decenni punto di riferimento nel mondo dell’antiquariato nazionale e internazionale.
Il lascito comprende una Croce gemmata prodotta da una bottega, probabilmente dei Paesi Bassi, della prima metà del Duecento, due tavole con l’Angelo Annunciante e la Vergine Annunciata, di Gherardo Starnina, e un tondo raffigurante una Madonna con Bambino riferita al Maestro di San Miniato. Le opere provengono dalla collezione di Gualtiero Schubert (1915-1990), figlio di Alberto, antiquario, e di Irma Markbreiter, imparentata con lo scrittore Arthur Schnitzler, fu per molti decenni, con il fratello Renato, un fondamentale punto di riferimento nel mondo dell’antiquariato nazionale e internazionale. Nel 1950 Gualtieri sposa Letizia Castelli (1921-2013), con cui condivide una vita contrassegnata dalla dedizione alle arti figurative e alla musica. Letizia Castelli Schubert ha voluto lasciare al Museo Diocesano, in memoria anche del marito, queste preziose opere rimaste sempre nella loro abitazione milanese.

Bottega dell'Europa Nord-Occidentale (?) della prima metà del XIII secolo (?), Croce reliquiario, rame argentato, filigrana, smalto champlevé, smalto cloisonné, niello (?), cristalli di rocca, Inv. MD 2014.178.004 Databile alla prima metà del XIII secolo, la croce proviene da un’area compresa fra gli antichi Paesi Bassi e la Francia settentrionale, ed era destinata a conservare le reliquie della Vera Croce. Un’iscrizione la riconduce alla città di Utrecht, suggerendo interessanti ipotesi sulla committenza: una placchetta sul fronte reca un’iscrizione che allude a un’frater magister’ di una ‘domus’ di Utrecht che farebbe pensare ad una committenza legata a un ordine cavalleresco e con ogni probabilità anche l’edificio misterioso sul medaglione è da leggere in rapporto all’iscrizione. La tipologia è quella di una crux gemina, cioè una croce con doppia traversa, forma di origine bizantina comunemente usata per contenere le reliquie della Vera Croce; le terminazioni in forma di giglio erano soprattutto diffuse nella Francia settentrionale e centrale e nell’area tra la Mosa e la Sambre. La presenza della spina indica che in origine c’era la possibilità di inserire la croce su un’asta o in una base: l’opera aveva quindi probabilmente una tripla funzione: reliquiario della Vera Croce, croce astile e croce d’altare non stazionaria. Sulle terminazioni delle braccia e del montante si trovano dei medaglioni con i simboli degli Evangelisti e la mano di Dio. Le parti rimanenti della croce contengono smalti decorativi, elementi di filigrana e cristalli di rocca.; il resto presenta una decorazione aniconica con elementi di smalto azzurro-turchese cloisonné.
Gherardo di Jacopo Neri detto Starnina (Firenze, documentato dal 1387 –1412), Arcangelo Gabriele, tempera su tavola, 45,5x50,8 cm, Inv. MD 2014.178.001 I due pannelli dell’Annunciazione, un tempo nella collezione Chiaramonte Bordonaro di Palermo, poi in quella di Gualtero Schubert e ora al Museo, in base agli studi più recenti farebbero parte di un importante polittico in origine destinato a Lucca e ora smembrato in vari musei. Entrambe le opere presentano le accensioni cromatiche tipiche dello Starnina, protagonista della pittura tardogotica a Firenze insieme a Lorenzo Monaco. In particolare di grande raffinatezza sono i marmi del pavimento screziati di rosso, verde, violetto e grigio, i contrasti fra il manto rosa dell’Angelo e l’arancione della tunica, e anche il blu del mantello Vergine, che si apre a terra scoprendo un risvolto verde, con frammenti di azzurro più acceso. A differenza dei altre Annunciazioni del tempo, in cui l’angelo appare statico, in questo caso la posa trasmette il senso di movimento, dato anche dal manto che si solleva e dalla figura protesa in avanti; anche le ali tagliate aumentano l’impressione di un’improvvisa entrata in scena dell’angelo. Nell’Annunciata l’ambientazione è ridotta all’essenziale, con il leggio e il sedile semplificato da cui Maria si china in avanti per accogliere l’arrivo dell’Angelo. La datazione proposta per il polittico di Lucca, forse destinato all’altar maggiore di foris Portam è intorno al primo decennio del XV secolo.
Gherardo di Jacopo Neri detto Starnina (Firenze, documentato dal 1387 –1412), Vergine Annunciata, Tempera su tavola, 45,3x51 cm, Inv. MD 2014.178.002 Secondo gli studi più recenti questa tavola farebbe parte, insieme al pannello raffigurante l’Arcangelo Gabriele, di un importante polittico in origine destinato a Lucca e ora smembrato in vari musei. Entrambi i pannelli provengono dalla collezione Chiaramonte Bordonaro di Palermo, passati poi in quella di Gualtiero Schubert e giunti al Museo nel 2014. Entrambe le opere presentano le accensioni cromatiche tipiche dello Starnina, protagonista della pittura tardogotica a Firenze insieme a Lorenzo Monaco. In particolare di grande raffinatezza sono i marmi del pavimento screziati di rosso, verde, violetto e grigio, i contrasti fra il manto rosa dell’Angelo e l’arancione della tunica, e anche il blu del mantello Vergine, che si apre a terra scoprendo un risvolto verde, con frammenti di azzurro più acceso. Nell’Annunciata l’ambientazione è ridotta all’essenziale, con il leggio e il sedile semplificato da cui Maria si china in avanti per accogliere l’arrivo dell’Angelo. La datazione proposta per il polittico di Lucca, forse destinato all’altar maggiore di foris Portam è intorno al primo decennio del XV secolo.
Maestro di San Miniato (Lorenzo di Giovanni documentato dal 1465 al 1512), Madonna con Bambino e angeli, tempera su tavola, diametro cm 113 con cornice moderna, Inv. MD 2014.178.003 L’opera è riferita al Maestro di San Miniato, oggi identificato nel fiorentino Lorenzo di Giovanni, maestro rinascimentale dal linguaggio semplice e colloquiale, che riprende e diffonde invenzioni compositive dei grandi maestri, in particolare di Filippo Lippi. Ignota è la provenienza originaria della tavola, ottimamente conservata, venduta a un’asta nel 1946, poi passata alla collezione Schubert e da qui al Museo Diocesano. Destinata con ogni probabilità ad arredare la camera di una dimora rinascimentale, raffigura il gruppo divino affiancato da due angeli, uno con le mani giunte in preghiera, l’altro con le mani incrociate al petto in adorazione, gestualità che appare più volte nell’opera dell’artista, così come è frequente sullo sfondo una paesaggio semplificato. In questo caso un albero a larga chioma e due cipressi toscani stilizzati si stagliano sullo sfondo azzurro. Meno usuale l’uso del formato circolare nella produzione di questo artista.