Chiostri di Sant’Eustorgio un luogo di storia e di preghiera
Chiostri di Sant’Eustorgio un luogo di storia e di preghiera

The Archiepiscopal collection

A significant group of works of the Museum comes from the Archiepiscopal Quadreria (painting collection) from which, thanks to Cardinal Martini, the Museum has received many paintings originally forming part of the Milanese archbishops’ ancient collections, and reflecting different cultural orientations. Among these, a portion of the Monti, Visconti and Pozzobonelli collections, as well as the whole Erba Odescalchi collection. The choices of Cardinal Cesare Monti (1593-1650), aligned to the culture of Saint Charles Borromeo and the spirit of the Counter-Reformation, lean towards the 16th-century Venetian school, the early 17th-century Lombard art and the Leonardesque and Emilian schools. Among the artworks on display at the Diocesan Museum, Cerano’s Fall of Saint Paul, Morazzone’s masterpiece Jacob wrestling with the Angel, and Saint Joseph with the Infant Jesus by Guido Reni stand out. On the other hand, the orientation of Cardinal Giuseppe Pozzobonelli (1696-1783) collection is very different – it is one of the greatest expressions of the culture of Arcadia, which propagated in Milan in the 18th century. Indeed, the works depict Arcadian themes, bucolic and marine landscapes, perspectives with Roman, Venetian, Lombard and – to a lesser extent – Tuscan, Neapolitan and Flemish figures, dating back between the late 17th century and the 1770s. Among the painters in the collection are Francesco Zuccarelli, Cavalier Tempesta, Paolo Anesi and Giovanni Paolo Panini. The works of Cardinal Visconti (1617-1693) include the board with Cerano’s Saint Charles, while the Erba Odescalchi (1679-1740) collection comprises 41 canvases portraying the Milanese bishop-saints, attributed to Francesco Fabbrica (Milan, reported 1710-1740).

Bottega dell'Europa Nord-Occidentale (?) della prima metà del XIII secolo (?), Croce reliquiario, rame argentato, filigrana, smalto champlevé, smalto cloisonné, niello (?), cristalli di rocca, Inv. MD 2014.178.004 Databile alla prima metà del XIII secolo, la croce proviene da un’area compresa fra gli antichi Paesi Bassi e la Francia settentrionale, ed era destinata a conservare le reliquie della Vera Croce. Un’iscrizione la riconduce alla città di Utrecht, suggerendo interessanti ipotesi sulla committenza: una placchetta sul fronte reca un’iscrizione che allude a un’frater magister’ di una ‘domus’ di Utrecht che farebbe pensare ad una committenza legata a un ordine cavalleresco e con ogni probabilità anche l’edificio misterioso sul medaglione è da leggere in rapporto all’iscrizione. La tipologia è quella di una crux gemina, cioè una croce con doppia traversa, forma di origine bizantina comunemente usata per contenere le reliquie della Vera Croce; le terminazioni in forma di giglio erano soprattutto diffuse nella Francia settentrionale e centrale e nell’area tra la Mosa e la Sambre. La presenza della spina indica che in origine c’era la possibilità di inserire la croce su un’asta o in una base: l’opera aveva quindi probabilmente una tripla funzione: reliquiario della Vera Croce, croce astile e croce d’altare non stazionaria. Sulle terminazioni delle braccia e del montante si trovano dei medaglioni con i simboli degli Evangelisti e la mano di Dio. Le parti rimanenti della croce contengono smalti decorativi, elementi di filigrana e cristalli di rocca.; il resto presenta una decorazione aniconica con elementi di smalto azzurro-turchese cloisonné.
Gherardo di Jacopo Neri detto Starnina (Firenze, documentato dal 1387 –1412), Arcangelo Gabriele, tempera su tavola, 45,5x50,8 cm, Inv. MD 2014.178.001 I due pannelli dell’Annunciazione, un tempo nella collezione Chiaramonte Bordonaro di Palermo, poi in quella di Gualteri Schubert e ora al Museo, in base agli studi più recenti farebbero parte di un importante polittico in origine destinato a Lucca e ora smembrato in vari musei. Entambe le opere presentano le accensioni cromatiche tipiche dello Stranina, protagonista della pittura tardogotica a Firenze insieme a Lorenzo Monaco. In particolare di grande raffinatezza sono i marmi del pavimento screziati di rosso, verde, violetto e grigio, i contrasti fra il manto rosa dell’Angelo e l’arancione della tunica, e anche il blu del mantello Vergine, che si apre a terra scoprendo un risvolto verde, con frammenti di azzurro piu acceso. A diffrenza dei altre Annunciazioni del tempo, in cui l’angelo appare statico, in questo caso la posa trasmette il senso di movimento, dato anche dal manto che si solleva e dalla figura protesa in avanti; anche le ali ta tagliate aumentano l’impressione di un’improvvisa entrata in scena dell’angelo. Nell’Annunciata l’ambientazione è ridotta all’essenziale, con il leggio e il sedile semplificato da cui Maria si china in avanti per accogliere l’arrivo dell’Angelo. La datazione proposta per il polittico di Lucca, forse destinato all’altar maggiore di foris Portam è intorno al primo decennio del XV secolo.
Gherardo di Jacopo Neri detto Starnina (Firenze, documentato dal 1387 –1412), Vergine Annunciata, Tempera su tavola, 45,3x51 cm, Inv. MD 2014.178.002 Secondo gli studi più recenti questa tavola farebbe parte, insieme al pannello raffigurante l’Arcangelo Gabriele, di un importante polittico in origine destinato a Lucca e ora smembrato in vari musei. Entrambi i pannelli provengono dalla collezione Chiaramonte Bordonaro di Palermo, passati poi in quella di Gualteri Schubert e giunti al Museo nel 2014. Entambe le opere presentano le accensioni cromatiche tipiche dello Stranina, protagonista della pittura tardogotica a Firenze insieme a Lorenzo Monaco. In particolare di grande raffinatezza sono i marmi del pavimento screziati di rosso, verde, violetto e grigio, i contrasti fra il manto rosa dell’Angelo e l’arancione della tunica, e anche il blu del mantello Vergine, che si apre a terra scoprendo un risvolto verde, con frammenti di azzurro più acceso. Nell’Annunciata l’ambientazione è ridotta all’essenziale, con il leggio e il sedile semplificato da cui Maria si china in avanti per accogliere l’arrivo dell’Angelo. La datazione proposta per il polittico di Lucca, forse destinato all’altar maggiore di foris Portam è intorno al primo decennio del XV secolo.
Maestro di San Miniato (Lorenzo di Giovanni documentato dal 1465 al 1512), Madonna con Bambino e angeli, tempera su tavola, diametro cm 113 con cornice moderna, Inv. MD 2014.178.003 L’opera è riferita al Maestro di San Miniato, oggi identificato nel fiorentino Lorenzo di Giovanni, maestro rinascimentale dal linguaggio semplice e colloquiale, che riprende e diffonde invenzioni compositive dei grandi maestri, in particolare di Filippo Lippi. Ignota è la provenienza originaria della tavola, ottimamente conservata, venduta a un’asta nel 1946, poi passata alla collezione Schubert e da qui al Museo Diocesano. Destinata con ogni probabilità ad arredare la camera di una dimora rinascimentale, raffigura il gruppo divino affiancato da due angeli, uno con le mani giunte in preghiera, l’altro con le mani incrociate al petto in adorazione, gestualità che appare più volte nell’opera dell’artista, cos’ come è frequente sullo sfondo una paesaggio semplificato. In questo caso un albero a larga chioma e due cipressi toscani stilizzati si stagliano sullo sfondo azzurro. Meno usuale l’uso del formato circolare nella produzione di questo artista.